CANONIZZAZIONE Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II

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  1. marisa56
     
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    Miracolo di Papa Giovanni XXIII

    Papa Giovanni XXIII, venuto dall'aldilà

    L’episodio qui riportato è uno dei miracoli studiati dalla Chiesa per la causa di Beatificazione di Papa Giovanni XXIII.

    Suor Caterina Capitani, suora delle Figlie della Carità della provincia napolitana, cominciò ad accusare disturbi alla salute alcuni mesi dopo la vestizione. Era il 1962, la Suora aveva 18 anni e lavorava come infer miera presso gli Ospedali Riuniti di Napoli. Fino a quel tempo la sua salute era stata molto buona. Un giorno avvertì un dolore intercostale noioso, al quale non die de nessuna importanza. Dopo un paio di mesi però ebbe una emorragia e questa volta si spaventò. Era nella sua stanza. Ebbe un conato di vomito, corse al lavabo con la bocca piena di sangue molto rosso. Poiché le avevano insegnato che il sangue molto rosso proviene dal torace, pensò con terrore alla tisi. Con una simile malattia la sua vita di suora sarebbe finita perché la regola della Congregazione delle Figlie della Carità esige che le aspiranti religiose siano sane per poter affrontare i sacrifici che il lavoro in ospedale richiede.

    Suor Caterina per il momento decise di non dir niente a nessuno. Per alcune notti non riuscì a dormire, ma poi, vedendo che l’emorragia non si ripeteva e che il dolore intercostale era scomparso, riprese la vita di sempre.
    Per sette mesi non accadde più niente. Poi all’improvviso, senza alcun sintomo preventivo, ecco un’altra terribile emorragia che lasciò la suora molto spossata.

    Cominciarono visite, controlli, esami clinici. Furono fatte radiografie del torace, dello stomaco, stratigrafie. Nessuno riusciva a trovare il perché di quelle emorragie.

    Nei 1964 i medici degli Ospedali Riuniti si dichiararono vinti e Suor Caterina passò all’Ospedale «Ascalesi» sotto le cure del professor Alfonso D’Avino.

    Una esofagoscopia rivelò una zona emorragica nel segmento toracico: sembrava che tutti i malanni provenissero da lì. Allora la Suora fu portata all’Ospedale Pellegrini dell’ematologo pro fessor Giovanni Bile, ma anche egli non riuscì a migliorare la situazione. Restò un’ultima speranza: ricorrere al prof. Giuseppe Zannini, direttore dell’istituto di semeiotica chirurgica del l’Università di Napoli, una personalità di spicco nel campo medico internazionale. Dopo una lunga visita e un’analisi minuziosa di tutti i referti degli altri medici, il professor Zannini iniziò una nuova cura che durò cinque mesi. Anche questa volta però la situazione non cambiò per cui il professore decise di sottoporre la Suora a un intervento chirurgico.

    Suor Caterina fu ricoverata nella Clinica Mediterranea e tre giorni dopo venne operata. L’intervento durò cinque ore. Lo stomaco, all’interno, era completamente ricoperto di varici. Una forma ulcerosa strana e rara, provocata forse da un cattivo funzionamento della milza e del pancreas che risultavano in pessime condizioni. il professore fu costretto ad asportarle lo stomaco, la milza e il pancreas Si trattò di un intervento molto delicato e le probabilità che la Suora uscisse viva dalla sala operatoria erano minime. Il pericolo sembrava superato. Le consorelle di Suor Caterina, senza perdere la fiducia, continuavano a pregare con fervore Papa Giovanni.

    Nei giorni seguenti l’operazione lo stato di salute della Suora andò peggiorando. Durante la prima notte ebbe un collasso, poi un blocco intestinale la gonfiò come una botte. il professore, molto preoccupato, pensava che fosse necessario un altro intervento. Ma dopo nove giorni le condizioni della Suora migliorarono all’improvviso, ma fu un miglioramento illusorio.

    Tre giorni dopo, mentre la Suora stava sorseggiando un pò di liquido ed ecco che divenne cianotica e perse i sensi. Accorsero i medici con l’ossigeno. La visitarono riscontrandole la pleurite. In seguito alle cure appropriate ci fu un miglioramento e dopo dieci giorni fu in grado di uscire dalla clinica.

    Ancora una volta però il miglioramento fu brevissimo: dopo due settimane cominciò a peggiorare. Suor Caterina vomitava succhi gastrici in grande quantità. Erano così forti che le bruciavano la pelle. Dopo alcuni giorni aveva la parte inferiore della faccia ridotta a una piaga e poiché non riusciva a ingerire niente, veniva nutrita con flebioclisi. Il professore Zannini, sempre più preoccupato, decise di mandarla a casa, a Potenza, per provare se l’aria nativa potesse giovane. Ma dopo due mesi la Suora ritornò a Napoli peggiore di quando era partita. Sembrava un cadavere.

    Il 14 maggio 1966, dopo una breve crisi di vomito, si era aperto sullo stomaco un buco dai quale uscivano succhi gastrici, sangue e quel poco di succo d’arancia che la Suora aveva bevuto poco prima. Si era formata una perforazione che aveva causata una fistola esterna. Era in atto una penitonite diffusa. La febbre era salita a 40. La situazione era disperata. il professor Zan nini la fece ricoverare immediatamente all’ospedale della Marina. Le ordinò delle medicine in attesa dello sviluppo della crisi, perché un intervento chirurgico in quelle condizioni era impensabile.

    Essendo in pericolo di morte, fu concesso alla Suora di emettere i voti anzitempo e dopo le fu amministrato l’Olio degli Infermi.

    Nel frattempo una consorella le portò da Roma una reliquia di Papa Giovanni, che Suor Caterina mise sulla perforazione dello stomaco e pregava il Papa di portarla con lui in Paradiso. La fine si avvicinava.
    Il 25 maggio verso le 14,30 Suor Caterina si assopì. A un certo punto sentì una mano che le premeva la ferita sullo stomaco e una voce d’uomo che la chiamava. La Suora pensò che fosse il professor Zannini che ogni tanto veniva a controllare le sue condizioni. Suor Caterina si girò verso la parte da cui veniva la voce e vide, accanto al suo letto, Papa Giovanni. Era lui che teneva la mano sulla ferita dello stomaco. Papa Giovanni le dice: Non temere, non hai più niente. Suona il campanello, chiama le suore che stanno in cappella, fatti misurare la febbre e vedrai che la temperatura non arriverà neppure a 37 gradi. Mangia tutto quello che vuoi, come prima della malattia. Non avrai più niente. Va dal professore, fatti visitare, fa’ delle radiografie e fai mettere tutto per iscritto, perché un giorno queste cose serviranno.

    La visione scomparve e solo allora mi resi conto che non era stato un sogno. Suor Caterina si sentiva bene, non aveva più alcun dolore. Suona il campanel lo, le suore accorrono. La madre superiora pensò subito che la suora fosse in preda al delirio che precede la morte.

    Trovarono la Suora seduta a metà letto. La guardavano trasognate. Suor Caterina, non potendo contenere la gioia, quasi gridando disse: Sono guarita. E stato Papa Giovanni. Misuratemi la febbre, vedrete che non ho più nulla. La febbre arrivò a 36,8. Ora datemi da mangiare perché ho fame.

    La febbre arrivò a 36,8. Con grande voracità ingoiò semolino, polpette, una minestrina, anche un gelato. Era guarita completamente. Della fistola nessuna traccia: la pelle era liscia, pulita e bianca. Allora Suor Caterina raccontò alle sue consorelle l’apparizione di Papa Giovanni.

    Da quel giorno Suor Caterina non ha avuto più niente. I medici la visitarono, la sottoposero a decine di radiografie. Dei suoi malanni non c’era più nessuna traccia.

    Il giorno dopo il miracolo la suora riprese una vita normale. Sono trascorsi più di 27 anni e ella sta benissimo.

    Il testimonio più prezioso del miracolo è il pro fessor Zannini, il quale afferma: La guarigione di Suor Caterina è un caso di cui non trovo spiegazione nella scienza medica. Ho operato io l’ammalata, le ho asportato quasi tutto lo stomaco perché affetto da una gastrite ulcerosa emorragica gravissima. Le lasciai poco più di un centimetro di stomaco. Le asportai anche la milza. Ci fu una convalescebnza difficile, l’ammalata non poteva nutrirsi. Poi si aprì la fistola, ci fu fuoriuscita di liquido, peritonite, febbre altissima, stato ansioso grave, condizioni disperate.

    Non era possibile intervenire con una nuova operazione. Feci delle prove: tutto quello che l’ammalata beveva usciva dalla fistola. Consigliai trasfusioni, plasma, antibiotici, più che altro come terapia d’attesa. Non ebbi successo: la fistola s’ingrandì e le condizioni del l’ammalata peggiorarono. Avevo pensato di far trasportare Suor Caterina alle sezione rianimazione degli Ospedali Riuniti di Napoli per fare un ultimo tentativo. In vece ricevetti una telefonata in cui mi diceva che la Suora era migliorata. Andai a trovarla e con mia somma sopresa la trovai perfettamente guarita. Per il momento non venni informato di quello che era realmente accaduto. Continuai il mio lavoro di medico sottoponendo l’ammalata ad esami radiografici, visite, ecc. Nessuna traccia di malattia. Solo venti giorni dopo la superiora m’informò dell’apparizione di Papa Giovanni.

    Affermo che non ho mai visto una cosa del genere, né posso immaginare come ciò sia potuto accadere. Non trovo modo di spiegare scientificamente quello che è accaduto.

    Sono un medico e ho seguito il caso con la freddezza del medico. Sono stato anche più pignolo e scrupoloso dopo che mi hanno raccontato dell’apparizione di Papa Giovanni.

    Sono pienamente convinto che si tratta di una guarigione assolutamente inspiegabile, al di fuori delle leggi fisiologiche e dell’esperienza umana. Il fatto che resista da tanti anni, senza ricadute, la rende ancora più inspiegabile e insieme importante.

    (Da «Un uomo mandato da Dio - Biografia di Giovanni XXIII>) di Renzo Allegri - Editrice Ancora Milano).



    Miracoli di Papa Giovanni Paolo II

    Il miracolo della suora francese

    Il primo miracolo di Papa Wojtyla è stato la guarigione di una suora francese, Marie Simon Pierre Normand, che era affetta dalla stessa malattia del Santo Padre, il Parkinson. Questa malattia è degenerata negli anni e ha iniziato a farsi sentire sempre di più, compromettendo anche lo svolgimento di semplici azioni quotidiane. La malattia ha colpito la parte sinistra del corpo suo cosicché la suora, essendo mancina, ha smesso di scrivere. Alla morte del Papa, la congregazione alla quale apparteneva la suora ha deciso di iniziare a pregare per chiedere l’intercessione di Giovanni Paolo II. Così un giorno, proprio quando la suora si era ormai arresa all’incombere della malattia, è avvenuto il miracolo. Era Il 2 giugno del 2005 e la religiosa aveva appena chiesto alla sua superiora di esonerarla dal suo lavoro di infermiera. La superiora però la invitò a scrivere su un foglio il nome di Giovanni Paolo II. Come era comprensibile a causa della malattia il risultato fu uno scarabocchio incomprensibile. Tuttavia la sera la suora sentì una voce che le diceva di scrivere di nuovo il nome di Giovanni Paolo II, questa volta il risultato fu ben diverso perché il nome era leggibile e da allora non ebbe più dolori lancinanti, non prese più farmaci e la suora si dedicò a tanto lavoro e preghiera.

    Il piccolo David

    Il piccolo David, un bambino di nove anni, ricoverato all’ospedale di Danzica per un tumore ai reni, che non dava speranze di guarigione. L’intervento chirurgico era sconsigliato, perché ritenuto inutile, ma i genitori insistono per la salvezza del figlio e quindi i medici cedono e operano ugualmente il bambino, che purtroppo peggiora. Ai genitori non resta che la preghiera, quindi accanto al letto del piccolo David, invocano in continuazione l’aiuto di Giovanni Paolo II. Anzi maturano una pazza idea: portare il loro bambino davanti alla tomba del Papa. Sono le 17,40 del 29 agosto 2006 quando la famiglia arriva davanti alla Basilica di San Pietro e scendono nella Grotta dei Papi. Con mamma e papà David prega sulla tomba di Papa Wojtyla e poi il bambino ritorna sulla barella con cui è venuto. Appena fuori dalla basilica, David chiede di fermarsi: ‘Fatemi scendere, voglio camminare!’, dice. Nessuno ha nemmeno il tempo per stupirsi di quella richiesta. Il bambino è già sceso dalla barella e si sta dirigendo verso il centro della piazza. Impossibile! È ridotto pelle e ossa, ma David chiede qualcosa da mangiare. I genitori scoppiano a piangere, vedendo il loro bambino che quasi corre, tenendosi i pantaloni con le mani: è talmente dimagrito che non gli stanno su da soli. La loro supplica è stata accolta.

    La sconvolgente storia della signora Eva

    Da Danzica ci spostiamo a Houston dove vive una coppia di pensionati, Marian ed Eva. Nel settembre 2007, Eva viene ricoverata in ospedale per una violenta e inspiegabile crisi respiratoria. Le analisi rilevano una crisi ovarica, ma niente in relazione con la crisi respiratoria. Qualche giorno dopo Eva ha una nuova crisi. Portata di nuovo all’ospedale le diagnosticano un embolo polmonare e per i medici alla donna rimangono solo poche ore di vita. Al marito crolla il mondo addosso, all’inizio rimane pietrificato e poi corre nella cappella dell’ospedale: qui prega Giovanni Paolo II. Quasi non osa chiedere la guarigione della moglie, ma che almeno gli sia data la forza di sopravvivere al dolore della perdita di Eva, la donna con cui ha condiviso più di trent’anni di amore. Quando torna in rianimazione la linea del cuore è piatta. Marian piange tutte le sue lacrime e dopo qualche minuto si avvia all’uscita: non vuole assistere alle ultime operazioni che gli infermieri devono fare sul corpo senza vita di sua moglie. Un medico lo ferma appena in tempo e gli urla: ‘Sua moglie è viva!. Ha riaperto gli occhi e ha chiesto di lei: non può andare via!’. Quando rientra in ospedale Eva lo aspetta sorridente nel lettino della rianimazione. Intorno ai due, un gruppo di medici: non si spiegano come possa essere accaduto tutto ciò.
    Il giorno dopo Eva viene nuovamente sottoposta a una fitta serie di esami. I medici vogliono vederci chiaro, cercare di capire che cosa è successo. Durante le analisi, la scoperta sconvolgente: della cisti ovarica non c’è più traccia e nemmeno dell’embolo. Il cuore? Come se non avesse mai avuto alcun problema. Alcuni medici parlano di episodio ‘sconvolgente’, altri osano pronunciare la parola ‘miracolo’, ma tutti concordano su un’espressione: ‘È un caso di resurrezione da morte accertata dalle macchine’.



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    È uno dei presunti «miracoli» avvenuti grazie all’intercessione di Giovanni Paolo II, quando il Papa era ancora in vita, che si aggiunge a quelli che stanno arrivando da persone che hanno incontrato Wojtyla durante il suo lungo pontificato, durato quasi 27 anni.

    Anche in questo caso, chi scrive era a conoscenza del fatto prima della morte di Giovanni Paolo II. E conosce di persona la mamma del bambino, Margherita Enrico, collega giornalista che abita in una città del Nord Italia. È una storia ben nota all’entourage papale: si tratta della guarigione di un bambino da una grave forma di deficienza immunitaria.

    Margherita Enrico e il marito sono due professionisti e hanno due figli. Il più piccolo di questi, Francesco, sei mesi dopo la sua nascita, avvenuta nel 1993, ha cominciato ad avere seri problemi di salute. Ecco l’eccezionale racconto della madre, che abbiamo raccolto nei giorni del funerale di Papa Wojtyla, mentre si trovava a Roma per rendere l’ultimo omaggio al Pontefice ma anche per effettuare una nuova serie di esami clinici che hanno confermato la perfetta salute del figlio Francesco.

    Che sintomi manifestava il bambino?
    «Francesco mangiava poco, dimagriva. All’inizio, nei primi mesi di vita, non ci abbiamo dato troppa importanza. Poi è stato di colpo molto male, con difficoltà respiratorie. Lo abbiamo ricoverato d’urgenza all’ospedale della nostra città: aveva infezioni ai reni, all’intestino, ai bronchi. Era in condizioni gravissime e i medici non erano certi di potergli salvare la vita. Ha passato molti mesi in ospedale».

    Che cosa gli hanno diagnosticato i medici?
    «Una forma di immunodeficienza. Il suo organismo non aveva le difese immunitarie necessarie, non produceva le immunoglubuline. Questa grave carenza lo esponeva a tutti i tipi di infezioni».

    Può raccontare che cosa è accaduto negli anni successivi?
    «Mio figlio si è ripreso, i medici gli hanno salvato la vita, ma è rimasto un bambino diverso dagli altri. Gracilissimo, stava sempre male, non aveva forze, non poteva fare alcuno sport, si ammalava di continuo. In più, a causa delle continue infezioni alle orecchie, per molto tempo non ha potuto sentire bene ed è stato affetto da un problema di dislessia, da problemi nell’articolare il linguaggio».

    I medici vi davano qualche speranza? Come dovevate curarlo?
    «Gli specialisti che abbiamo consultato ci dicevano che non vedevano una soluzione al problema di Francesco. Io, vedendolo in quelle condizioni, ho lasciato il lavoro per seguirlo quotidianamente, per stargli sempre vicino».

    Com’è avvenuto l’incontro col Papa? Perché vi siete rivolti a lui?
    «Noi avevamo il desiderio di incontrarlo, perché siamo credenti. Tramite un prelato che conosceva molto bene Giovanni Paolo II abbiamo avuto questo privilegio. Nel giugno 2002 siamo stati invitati nell’appartamento del palazzo apostolico, per assistere alla Messa privata. Era prestissimo, di mattina. Siamo entrati nella cappella del Papa e lui era già lì inginocchiato che faceva adorazione silenziosa davanti al Santissimo sacramento. Oltre a Francesco c’erano anche mio marito e l’altra mia figlia. Abbiamo partecipato alla Messa celebrata dal Santo Padre, poi siamo stati introdotti nel suo studio per un saluto a tu per tu...».

    All’epoca Papa Wojtyla camminava o stava seduto nella sedia a rotelle?
    «No camminava ancora, riusciva a muoversi autonomamente, anche se si aiutava con il bastone».

    Incontrandolo gli avete parlato della malattia di vostro figlio?
    «No, ci siamo soltanto presentati. Francesco non gli ha neanche detto di voler guarire. Ma è stato molto bello perché lui e il Papa si sono guardati a lungo negli occhi e in quel momento mio figlio ha avuto la sensazione di conoscere da sempre il Santo Padre. Era come se si trovasse di fronte a un vecchio amico: si è sentito accolto, amato».

    E poi che cosa è accaduto?
    «Giovanni Paolo II ha benedetto mio figlio e lo ha accarezzato sul volto. In quel momento, ci dirà poi Francesco, lui ha avuto la sensazione che dalla mano di Wojtyla uscisse come del calore. Ci ha raccontato proprio in questi termini quanto gli era accaduto in quegli istanti mentre si trovava davanti al Pontefice».

    Che cosa vi ha detto vostro figlio appena usciti da quell’incontro in Vaticano?
    «Ha detto subito: “Mamma, papà, io mi sento bene! Non sono più stanco!”. Era contento, allegro. Ci ha raccontato della sua sensazione, di quel calore che ha avvertito nel momento in cui il Santo Padre lo benediceva. Pensi che noi lo abbiamo anche preso in giro, gli abbiamo detto di non farsi strane illusioni, di non farsi ingannare dalle sensazioni passeggere. Ma certamente siamo rimasti subito colpiti dal fatto che appariva cambiato, completamente cambiato. Ce ne siamo accorti non appena tornati a casa. La spossatezza, la mancanza di forze che lo assaliva continuamente erano scomparse. Ha ripreso a fare sport. La maestra si è accorta subito che era accaduto qualcosa perché quasi non lo riconosceva. Era rifiorito, era diventato un altro».

    Avete fatto dei controlli medici per accertare che cosa fosse successo?
    «Sì, li abbiamo fatti subito. I dottori ci hanno detto: “Non ha più niente. È guarito”. Da allora e fino a questo momento tutti i controlli hanno confermato questa guarigione».

    Come ha reagito Francesco alla notizia?
    «Ha voluto scrivere subito al Papa. Di suo pugno. Gli ha mandato una lettera con queste parole: “Santo Padre ti ringrazio per prima cosa perché ho avuto la possibilità di conoscere un santo. Ho visto come pregavi Gesù. Ho visto anche che sulle tue spalle quando eri curvo in preghiera c’erano tutti i problemi del mondo. Grazie perché mi hai guarito. Da adesso io prego ogni giorno per te il rosario e chiedo alla Madonna di guarirti”».

    E il Papa ha risposto?
    «Sì, anche lui di suo pugno, personalmente. È stato meraviglioso, commovente, ricevere la sua lettera di risposta indirizzata a mio figlio. Non si è mai attribuito quanto è successo, non ha mai parlato di miracolo, ma ha scritto: “Ringraziamo il Signore, il Signore è buono!”».




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    Canonizzazione di Papa Giovanni Paolo II e Papa Giovanni XXIII: la cerimonia del 27 aprile

    Giovanni XXIII, al secolo Angelo Roncalli e Giovanni Paolo II, al secolo Karol Wojtyla, domenica saranno proclamati Santi da Papa Francesco. Ecco come arrivare al Vaticano, come partecipare e cosa succederà nel corso della cerimonia.

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    Il 27 aprile 2014, a partire dalle ore 10, in piazza San Pietro a Roma, Papa Francesco celebrerà la Santa Messa con il rito di Canonizzazione dei Beati Papa Giovanni XXIII, al secolo Angelo Roncalli e Papa Giovanni Paolo II, al secolo Karol Wojtyla che saranno dunque proclamati Santi della Chiesa Cattolica. L’evento avverrà nella seconda Domenica di Pasqua o della Divina Misericordia e a concelebrare con il Pontefice, secondo un decreto vaticano, ci saranno i Cardinali e i Patriarchi, che si troveranno, alle ore 9, nella Cappella di San Sebastiano in Basilica, portando con sé la mitria bianca damascata; gli Arcivescovi e i Vescovi, muniti di apposito biglietto dell’Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche del Sommo Pontefice, che si troveranno, alle ore 8.30, al Braccio di Costantino, portando con sé amitto, camice, cingolo e mitria bianca e infine i Cardinali, i Patriarchi, gli Arcivescovi e i Vescovi e «tutti coloro che, in conformità al Motu Proprio “Pontificalis Domus” – spiega il documento vaticano – compongono la Cappella Pontificia e, muniti della Notificazione vestiranno il proprio abito corale e si troveranno ore 9 sul Sagrato della Basilica». Alla cerimonia di canonizzazione sarà presente anche il papa emerito Benedetto XVI.

    Il libretto con la liturgia della canonizzazione dei due Papi (PDF)
    Partecipare alla cerimonia di canonizzazione di Papa Giovanni XXIII e di Papa Giovanni Paolo II
    La cerimonia di canonizzazione dei due Papi è aperta al pubblico. Significa che tutti potranno avere accesso in piazza San Pietro senza bisogno di biglietti o inviti speciali come nel caso delle udienze del Santo Padre. «La partecipazione – conferma una nota del Vaticano – sarà libera per tutti i fedeli che vorranno e potranno trovare posto in Piazza San Pietro». In vista della massiccia affluenza di fedeli saranno potenziati i collegamenti ferroviari per Roma e in generale tutti i trasporti pubblici nella Capitale. Si ipotizza un minimo di 500mila e un massimo di 1 milione di persone domenica prossima, 27 aprile, in Vaticano. Previsione dei costi: il Comune sosterrà un costo di “cinque milioni di euro”, ha reso noto Maurizio Pucci, responsabile dell’ufficio Promozione, pianificazione e coordinamento progetti speciali del gabinetto del sindaco di Roma Capitale. Gli alberghi a Roma sono tutti esauriti per le notti del 26 e del 27; la metropolitana sarà aperta 48 ore di seguito a cavallo del 27. Ci saranno 2.500 volontari della protezione civile, oltre a cinquecento volontari organizzati dall’Opera romaana pellegrinaggi, 2.400 tra carabinieri, polizia, guardia di finanza che si aggiungono alle forze dell’ordine già in servizio a Roma, oltre 2000 uomini e donne della polizia municipale, un migliaio di personale dell’Ama, alcune centinaia per l’assistenza sanitaria, e inoltre 200 ministranti per la comunione lungo via della conciliazione con altrettanti accompagnatori, 5.000 sacerdoti dentro piazza San Pietro, 19 maxi-schermi, in giro per la città. Previsti solo in partenza dalla Polonia 1.700 pullman, 58 aerei charter, cinque treni. L’evento sarò trasmesso via satellite in alta definizione video con una diretta a partire dalle 9.20 su Raiuno e dalle 9.30 su Sky 3D, canale 150, e su Sky TG24 HD, canali 100 e 500 nonché in 500 sale cinematografiche in 20 Paesi (di cui 120 in Italia) .

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    Canonizzazione Giovanni Paolo II e Giovanni XXIII, ci sarà anche Papa Benedetto

    Evento storico il 27 aprile: alla cerimonia che dichiarerà santi Karol Wojtyla e Angelo Roncalli ci saranno due Pontefici: Papa Francesco e l'emerito Ratzinger.


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    Due papi santi e due papi in piazza: sarà un evento a suo modo unico, quello cui si assisterà il 27 aprile in piazza San Pietro, ovvero la canonizzazione di Papa Giovanni Paolo II e Papa Giovanni XXIII. Alla solenne cerimonia oltre ovviamente al pontefice in carica, Francesco, prenderà parte anche il papa emeritp Benedetto XVI. “Roma vedrà un evento che mai nella storia della citta’ e’ avvenuto: due Papi vivi e due Papi santi. Immagino l’emozione di Francesco e Benedetto” ha dichiarato nella conferenza stampa sulla canonizzazione di Roncalli e Wojtyla il vice presidente dell’Orp, Opera romana pellegrinaggi, monsignor Liberio Andreatta.

    Esposte le reliquie di Karol Wojtyla e Angelo Roncalli

    In occasione della canonizzazione di Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, da sabato 26 a domenica 27 aprile, verrà esposta al Bambino Gesù di Roma la reliquia di Papa Wojtyla, conservata nella cappella dell’Ospedale Pediatrico dal giorno della sua morte. Di cosa si tratta? Di un’ampolla, inserita in un reliquiario, contenente il sangue di Giovanni Paolo II. Il sangue fu prelavato al Papa negli ultimi giorni della sua malattia, in vista di un’eventuale trasfusione. La trasfusione non ebbe poi luogo e il sangue prelevato fu conservato in quattro piccoli contenitori. Il sangue all’interno delle ampolle si trova allo stato liquido, in virtu’ di una sostanza anticoagulante presente nelle provette al momento del prelievo. Insieme all’ampolla con il sangue verrà mostrata anche la “papalina” di Giovanni XXIII, il copricapo che il “Papa Buono”, in una delle visite all’Ospedale Pediatrico, depose giocosamente sulla testa di uno dei piccoli degenti.

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